I noti accadimenti che hanno colpito la sezione Protezione Civile nello scorso dicembre hanno prodotto un effetto alone negativo sui lavoratori che vi prestano servizio, scossi nel profondo e avviliti per una condizione che non ha premiato il loro servizio di grande disponibilità, che è andato spesso oltre il possibile, effettuato in questi quasi tre anni di pandemia.
Malgrado la gestione del governo del personale sia migliorata negli ultimi quattro mesi, le problematiche già sollevate nel 2017 permangono. Problematiche che dettero avvio, dopo documenti e sollecitazioni varie da parte della scrivente, nel novembre 2018, ad un tavolo tecnico alla presenza dell’assessore al ramo dell’epoca, dott. Nunziante, e del dirigente della Sezione Personale e Organizzazione, dott. Paladino.
In quell’occasione furono acquisite le criticità più urgenti afferenti la Protezione Civile, criticità che tuttavia nel tempo si sono aggravate e che rischiano attualmente di incancrenirsi.
L’assemblea dei lavoratori, partecipatissima, del tre maggio scorso ci ha mostrato in maniera plastica una situazione che potremmo definire drammatica in tutta la sua crudezza. Drammaticità che non riguarda solo la carenza di personale che rimane la punta di un iceberg che sottende una serie di altre variabili tra loro collegate. E se i numeri hanno un senso: da 65 unità presenti in sezione un tempo, attualmente la P.C. oggi conta solo 42 addetti, di cui 13 posizioni organizzative e 27 unità di personale. Per una struttura che invece avrebbe bisogno di personale stimato almeno in 90 lavoratori, divisi tra servizi operativi e amministrativi.
Non è un caso che da tempo si registri una fuga di lavoratori dalla P.C. verso altri Dipartimenti: questo settore (e i suoi lavoratori) infatti non solo fa fronte a un sovraccarico di lavoro notevole, supportando il Dipartimento Sanità per l’emergenza Covid, ma interviene sull’emergenza Afganistan oltre che sulla più recente emergenza Ucraina, e in più attende a compiti istituzionali quali la campagna antincendio (AIB).
Nel pieno della crisi di questi due anni, la sezione suddetta si è inventata l’impossibile per far fronte ad una ulteriore emergenza affidatale che non vede ancora la luce alla fine di un tunnel, compreso una convenzione su fondi FESR con l’Arif fino al giugno 2022, per il passaggio in P.C. di sei unità di categoria C su due strutture operative, la Sala Operativa e il Centro Funzionale. Personale opportunamente formato e che poteva accedere a queste strutture, assicurando anche dei turni h 24, uno dei talloni di Achille della P.C., possibile motivo di fuga da parte dei lavoratori, se non gestiti adeguatamente.
Personale summenzionato che tutt’oggi l’Arif ha sostituito con addetti di fascia B, che non possono accedere a dette strutture, dunque inutile.
E’ stata anche attivata una mobilità andata praticamente a vuoto.
Giova però ricordare che in altre regioni le strutture operative summenzionate sono in capo all’ARPA o ad altre strutture regionali. Nella nostra regione invece non si è tentato nemmeno di favorire il passaggio di lavoratori da Asset, Arpa o Arif alla sezione P.C. e tantomeno è stato sollecitato un supporto da parte di queste Agenzie, dal momento che si occupano servizi similari, e che potrebbe profilarsi come soluzione possibile alla suddetta carenza atavica di personale.
L’eccezione interviene per il rischio sismico, per cui sono utilizzate otto unità di Asset che, tra l’altro, sono in scadenza di contratto.
Anche la SOUP (Sala Operativa Unificata Permanente per gli incendi boschivi) in altre regioni è stata affidata al Servizio Foreste oppure è previsto un Ufficio AIB preposto in materia; in Puglia invece la P.C. viene sovraccaricata di tutto.
È paradossale ma attualmente il Centro Funzionale, con solo 4 unità di personale, assicura turni h 12 e nella Sala Operativa solo 9 unità sono impegnate in turni h 24. Turni effettuati in solitaria che possono creare seri problemi di sicurezza e possibili cali di attenzione senza supporto alcuno.
E se turni e straordinari potrebbero costituire un appeal, assicurando un beneficio economico che potrebbe attrarre lo spostamento di lavoratori, invece è diventato un boomerang a causa del mancato riconoscimento di indennità previste dal CCNL 2016/2018, complice un CID mai concordato e per un budget di straordinario insufficiente, tanto che il personale ha dovuto attivare dei contenziosi per farsi riconoscere i compensi per uno straordinario non liquidato del 2018.
E se si continua così, lavorando in modo oneroso insopportabile, con uno stress da lavoro correlato, non realizzando condizioni dignitose per l’attività che si presta e se non si crea attrattività economica, l’organico tenderà inevitabilmente ad essere desertificato.
Di recente il Dipartimento nazionale della P.C. ha tentato di inserire nella legge di bilancio 2021 un emendamento per istituire delle indennità specifiche per questo personale, con un budget dedicato. Emendamento non approvato. Ma questo personale non aveva forse bisogno di segnali di attenzione, per l’incessante lavoro di messa in sicurezza della popolazione e non solo?
E arriviamo ora ai 126 operatori telefonici per il NUE. Ci chiediamo se questa struttura sarà assegnata alla P.C. e se la risposta è positiva, domandiamo anche come sia possibile che una sola P.O. possa coordinare 126 unità spalmate su tre sedi (Bari, Foggia e Lecce).
Inoltre, siamo a conoscenza che stanno per partire le SOT, le sei avveniristiche strutture operative, utili certo sia dal punto di vista operativo che emergenziale, ma con quali risorse umane saranno gestite?
Ci chiediamo anche come sia possibile coordinare, sia dal punto di vista amministrativo che operativo, 300 associazioni di volontariato e 9mila volontari con una sola P.O.?
E non sarebbe utile istituire una P.O. per la Formazione e una P.O. per la Comunicazione?
Oltre alla scarsità di personale, è innegabile che i lavoratori necessitino di un controllo e un coordinamento, peculiarità che spettano a un dirigente di servizio, che manca.
Potremmo continuare in un elenco infinito di problematiche che non risolve, per cui siamo a chiedere un tavolo tecnico specifico per ragionare e capire quali sono le esigenze indispensabili a cui far fronte.
Perché non c’è più tempo. Questi lavoratori non possono più reggere in queste condizioni, fortemente usurati dallo stress di ogni genere, fisico e psicologico.
Lavoratori che non si sono risparmiati in tempi di covid, che hanno lavorato e valgono tre volte tanto. Ma fino a quale misura possiamo mettere alla prova la loro resistenza, senza garantire loro nemmeno i tempi di riposo, dal momento che non ci sono unità in sostituzione? Senza considerare le sfavorevoli condizioni economiche unite a una situazione di vita impossibile a tenersi a lungo.
A fronte di quanto sopra, dichiariamo lo stato di agitazione del personale della sezione della Protezione Civile e per i motivi suesposti e tanti altri ancora che avremo modo di approfondire nelle sedi opportune e vorremmo senza indugio che si procedesse alla convocazione urgente di un tavolo tecnico per dare voce e risposte immediate alla necessità e alle urgenze di un personale che chiede semplicemente di lavorare in condizioni di benessere lavorativo tale da consentirgli di offrire un servizio migliore ai cittadini. Solo questo.
Si resta in attesa di urgente riscontro.
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